Sono stati pubblicati i due decreti interministeriali che introducono – nel solco della norma già in vigore per i prodotti lattiero caseari – l’obbligo di indicazione dell’origine del riso e del grano per la pasta in etichetta.
Si tratta del:
– Decreto interministeriale 26 luglio 2017, recante “Indicazione dell’origine in etichetta del riso”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 2017 (qui il Decreto 2017_07_26)
– Decreto interministeriale 26 luglio 2017, recante “Indicazione dell’origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 17 agosto 2017 (qui il Decreto 2017_07_26_A).
1) GRANO/PASTA – Le confezioni di pasta secca (paste alimentari di grano duro) prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) “Paese di coltivazione del grano”: nome del Paese nel quale è stato coltivato il grano duro;
b) “Paese di molitura”: nome del Paese nel quale è stata ottenuta la semola di grano duro (art. 2).
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi membri dell’Unione europea o situati al di fuori dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE».
Qualora il grano utilizzato è stato coltivato per almeno il 50% in un singolo Paese, come per esempio l’Italia, per l’operazione di cui alla lettera a) può essere utilizzata la dicitura: «nome del Paese» nel quale è stato coltivato almeno il 50% del grano duro «e altri Paesi»: ‘UE‘, ‘non UE’, ‘UE e non UE’» a seconda dell’origine. Per esempio, nel caso si tratti dell’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE“.
Le indicazioni sull’origine della pasta vanno apposte in etichetta “in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili”. Esse non sono in alcun modo nascoste, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire (art. 4, comma 2).
2) RISO – Sull’etichetta del riso dovranno essere indicati:
a) “Paese di coltivazione del riso“;
b) “Paese di lavorazione“;
c) “Paese di confezionamento“.
Qualora il riso sia stato coltivato, lavorato e confezionato nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: «origine del riso»: nome del Paese (art. 2, comma 2).
Qualora invece, il riso sia coltivato, lavorato e confezionato nei territori di più Paesi membri dell’Unione europea o situati al di fuori dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata, anche in assenza di miscele, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE» (art. 3).
Le indicazioni sull’origine del riso vanno apposte in etichetta “in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili” (art. 4, comma 2).
I prodotti in questione (paste alimentari di grano duro e riso), che non soddisfano i requisiti di cui al presente decreto, immessi sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore dello stesso, possono essere commercializzati fino all’esaurimento scorte (art. 7, comma 3).
Le disposizioni di entrambi i decreti si applicheranno in via sperimentale fino al 31 dicembre 2020 (art. 7, comma 1), nel solco della norma già in vigore per i prodotti lattiero caseari.
Ricordiamo, infatti, che dal 19 aprile 2017, data di entrata in vigore del Decreto 9 dicembre 2016, è obbligatoria in etichetta l’indicazione dell’origine della materia prima dei prodotti lattiero caseari in Italia come ad esempio il latte UHT, il burro, lo yogurt, la mozzarella, i formaggi e i latticini.
Anche in questo caso si tratta di una sperimentazione in Italia che si applicherà fino al 31 marzo 2019.
I due nuovi provvedimenti prevedono una fase transitoria di 180 giorni (decorrenti dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) per l’adeguamento delle aziende al nuovo sistema e lo smaltimento delle etichette e confezioni già prodotte.