Il concetto di “normale pratica industriale” va limitato agli interventi marginali che non necessitano di complesse infrastrutture operative e non comportano copiose quantità di ulteriori materiali da smaltire.
La Suprema Corte, in particolare, ha escluso la qualifica come sottoprodotto del “mistone” (materiale proveniente da opere di livellamento agrario), negando che la vagliatura e, soprattutto, il preventivo lavaggio del materiale in questione, possa essere considerata una normale pratica industriale (NPA), consentite per i piccoli cantieri dall’articolo 41-bis del D.L. 69/2013 (vigente all’epoca dei fatti e recentemente sostituito, al pari del D.M. 161/2012 sui grandi cantieri, dal d.P.R. 120/2017 che ha unificato, ereditandole dal secondo, le regole sulle “NPA”).
Oltre che la necessità di installazioni industriali non irrilevanti (quanto meno vasche di decantazione), il lavaggio presenta infatti “significativi aspetti di successivo impatto ambientale” (per la presenza di cospicui effluenti idrici e di copiose quantità di limo inquinante) che mal si coniugano con il concetto di “NPA”.
Secondo i Giudici:
Una tale complessità operativa non sembra coniugarsi con il concetto di “comuni pratiche industriali e di cantiere”, dovendosi ritenere che queste siano invece limitate a marginali interventi eseguiti sui sottoprodotti non necessitanti di complesse infrastrutture operative né, comunque, tali da comportare la successiva necessità di procedere, in esito al loro svolgimento, allo smaltimento di copiose quantità di ulteriori materiali ad esse residuati.
La sentenza può essere scaricata qui Cassazione Penale 2017 41533