ai sensi dell’art. 17d.lgs. n. 81/2008, la valutazione dei rischi è un’attività non delegabile dal datore di lavoro. Anche quando il documento della valutazione dei rischi venga redatto in collaborazione con un tecnico esperto nella materia, è ius receptum nella giurisprudenza di legittimità, il principio della permanenza in capo al datore di lavoro dell’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia (così, ex multis Sez. 4, n.27295dei 02/12/2016, Rv. 270355; conformi: Sez. 4, n.24452del 19/03/2015, Rv. 263726; Sez. 4, n.20129del 10/03/2016, Rv. 267253; Sez. 4, n.22147del 11/02/2016, Rv. 266859). … «In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno dei quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori» … Il documento in questione, è uno strumento duttile, che deve essere adeguato e attualizzato, in relazione ai mutamenti sopravvenuti nell’azienda che sono potenzialmente suscettibili di determinare nuove e diverse esposizioni a rischio dei lavoratori. Sotto questo profilo, la Corte territoriale, ha correttamente applicato i principi stabiliti in materia dalla Corte di legittimità che, in numerose pronunce, ha ribadito che incombe sul datore di lavoro l’onere di provvedere, non solo ad individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti aH’intemo dell’azienda, ai fini della redazione del suddetto documento, ma anche di provvedere al suo aggiornamento (così Sez. U., n.38343del 24/04/2014, Rv. 261109)…
il luogo di lavoro non è limitato allo spazio strettamente necessario per il compimento della specifica mansione di ciascun lavoratore, ma va ragionevolmente esteso anche alle zone adiacenti, ove gli addetti possano comunque recarsi e muoversi. Pertanto, l’obbligo di informazione sui rischi esistenti in quel luogo e sulle modalità per evitarli, sussiste anche nei confronti di chi non svolga mansioni strettamente connesse ai rischi medesimi … La Corte di legittimità ha avuto modo di occuparsi ripetutamente della nozione di luogo di lavoro, anche alla luce deld.lgs. n. 81 del 2008, affermando la permanenza di principi rimasti sostanzialmente immutati nello sviluppo della legislazione antinfortunistica. A norma dell’art. 62, d.lgs. n. 81/2008, sono luoghi di lavoro quelli destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva, accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro. Si è chiarito che, ai fini della individuazione dei soggetti gravati da obblighi prevenzionistici, la identificazione di uno spazio quale luogo di lavoro, non può prescindere dalla identificazione del plesso organizzativo al quale lo spazio in questione accede. Ciò, si ricaverebbe dalla definizione legale, che prevede un collegamento di ordine spaziale o almeno pertinenziale tra l’azienda o l’unità produttiva e il luogo di lavoro. Inoltre, si desumerebbe dalla stessa logica della normativa prevenzionistica, che attribuisce obblighi prevenzionistici a colui che é titolare di poteri organizzativi e decisionali che trovano, nei luoghi di lavoro, il proprio ambito di estrinsecazione. Si è pure evidenziato, che ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di “luogo di lavoro”, a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro o che esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro. Sulla base di tali argomentazioni, si è affermato che nella nozione di luogo di lavoro rientra anche quello nel quale i lavoratori si trovino esclusivamente a dover transitare, se tuttavia il transito é necessario per provvedere alle incombenze affidate loro ..
l’assunzione, in via di fatto, della qualità di datore di lavoro, di dirigente o di preposto determina, in virtù del principio di effettività, l’acquisizione della corrispondente posizione di garanzia in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (cfr. Sez. 4, n. 22246del 28/02/2014, Rv. 259224). Sul punto, non può trascurarsi come recenti e importanti arresti della giurisprudenza di legittimità abbiano ribadito il principio secondo cui in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (cfr. Sez. U., n.38343del 24/04/2014, Rv. 261107; Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015, Rv. 265797). Parimenti, è ius receptum che, in tema di omicidio o lesioni colpose derivanti da infortuni sul lavoro, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l’altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sìa effettivamente intervenuto, anche quando le posizioni di garanzia siano sullo stesso piano (cfr. Sez. 4, n. 38810 del 19/04/2005, Rv. 232415; Sez. 4, n. 45369 del 25/11/2010, Rv. 249072).
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok