Secondo i Giudici
il Collegio rileva che la normativa italiana ora evidenziata possa porsi in contrasto con quella eurounitaria pure sopra riportata e, in assenza di giurisprudenza specifica sul punto e in assenza di un’evidenza tale da non lasciare alcun ragionevole dubbio, ritiene in particolare che l’incremento della portata della termovalorizzazione e incenerimento e la definizione dei relativi impianti come “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale” possano porsi in violazione dei su ricordati articoli 4, 13 e 16 della Direttiva 2008/98/CE – ponendosi questa come questione rilevante per la decisione del merito della presente controversia che chiede l’annullamento del dpcm impugnato – soprattutto perché analogo riconoscimento non è stato esteso agli altri impianti volti al trattamento dei rifiuti a fini di riciclo e riuso, non ostante la loro preminenza nella “gerarchia dei rifiuti” di cui alla richiamata Direttiva, da intendersi eventualmente come direttamente applicabile e vincolante per tutti gli Stati membri dell’Unione.
A ciò deve aggiungersi l’osservazione che la prevalenza allo smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento – si ricorda, come osservato dalle parti ricorrenti, che le operazioni di incenerimento dei rifiuti con basso recupero di energia sono equiparabili, nell’ottica del richiamato principio di “gerarchia”, allo smaltimento in discarica – potrebbe porsi in violazione anche dei principi di “precauzione” e di minore impatto sulla salute umana e sull’ambiente, di cui all’art. 13 della Direttiva 2008/98/CE.
Qui la sentenza TAR Lazio 2018 4574