Secondo i Giudici:
a. Nozione di “compromissione” e il “deterioramento”. La “compromissione” e il “deterioramento” di cui al nuovo delitto di inquinamento ambientale ex art. 452 bis cod. pen. consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata, nel caso della “compromissione”, da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi e, nel caso del “deterioramento”, da una condizione di squilibrio “strutturale”, connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, Simonelli). Ai fini dell’integrazione del reato non è richiesta la tendenziale irreversibilità del danno (Sez. 3, n. 10515 del 27/10/2016, dep. 2017, Sorvillo), essendo sufficiente un evento di danneggiamento della matrice ambientale che, nel caso del “deterioramento”, consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della “compromissione”, consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo)
b. irreversibilità del danno. In tema di tutela penale l’ambiente è necessaria la tendenziale irreversibilità del danno – che, se sussistente e concernente l’equilibrio di un ecosistema, integra il più grave reato di disastro ambientale punito dall’art. 452 quater cod. pen. – fino a che tale irreversibilità non si verifica, le condotte poste in essere successivamente all’iniziale “deterioramento” o “compromissione” del bene non costituiscono post factum non punibile, ma integrano singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione del reato, sicché – indipendentemente dal fatto che l’inquinamento del sito sia dipeso anche da comportamenti precedenti all’introduzione nell’ordinamento della fattispecie di reato – la prosecuzione della condotta illecita con aggravamento del danno rileva ai fini della sussistenza del reato ipotizzato.
c. Accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale. L’accertamento indiziario finalizzato all’applicazione di una misura cautelare personale non ha le caratteristiche che si richiedono per la pronuncia di penale responsabilità, posto che ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – non richiamato dall’art. 273, comma primo-bis, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto; Sez. 4, Sentenza n. 53369 del 09/11/2016, Jovanovic). Il superamento della CSC – per diverse e significative sostanze inquinanti – è grave indizio di effettiva contaminazione rispetto al superamento delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio), tanto che impone la messa in sicurezza e la bonifica del sito e l’espletamento delle operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica (cfr. artt. 240, comma 1, lett. e ed, e 242 d.lgs. 152 del 2006).
Qui la sentenza Cassazione penale 2018 50018