Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della libertà di Catanzaro rigettava il ricorso proposto nell’interesse di GP avverso il decreto di convalida di sequestro preventivo emesso dal g.i.p. del Tribunale di Lamezia Terme ad oggetto un trattore stradale e un semirimorchio, un escavatore e un’area adibita ad impianto di lavorazione di inerti di 19.460 mq, beni nella disponibilità del Parisi, indagato in ordine ai delitti di cui agli artt. 110 cod. pen., 256, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006 e 110, 452 bis cod. pen.
Propone ricorso l’avvocato difensore.
I Giudici così decidono:
Il ricorso è fondato con riferimento al fumus del delitto di cui all’art. 452-
bis cod. pen.
Invero, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, il delitto di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452-bis cod. pen., è reato di danno, integrato da un evento di danneggiamento che, nel caso del “deterioramento“, consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della “compromissione“, consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 269489; Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016 – dep. 03/11/2016, P.M. in proc. Simonelli, Rv. 268059).
In particolare, in relazione alla fase cautelare, si è affermato che per la sussistenza del fumus del delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis cod. pen. ai fini dell’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo, è richiesta un’alta probabilità di cagionare una compromissione o un deterioramento, significativi e misurabili, dei beni tutelati, in considerazione della natura e dalla durata nel tempo degli scarichi abusivi (Sez. 3, n. 52436 del 06/07/2017 – dep. 16/11/2017, Campione, Rv. 272842).
Nel caso in esame, non può dirsi raggiunta la prova del fumus del delitto in esame, in quanto, se è vero che i primi accertamenti espletati hanno evidenziato l’inquinamento” della matrice del suolo, in mancanza di informazioni più puntuali in ordine al numero delle campionature effettuate, all’estensione dell’area interessata dal campionamento, al tipo e alla quantità del rilevato inquinamento – informazioni che non emergono dal provvedimento impugnato – si tratta tuttavia di un’indicazione assai generica, che non consente di affermare, allo stato, la sussistenza di un’alta probabilità di cagionare una compromissione o un deterioramento, significativi e misurabili, del suolo.
L’ordinanza deve perciò essere annullata limitatamente al delitto di cui all’art. 452-bis cod. pen. con rinvio al Tribunale della libertà di Catanzaro per nuovo esame sul punto.
Qui la sentenza Cassazione penale 2019 29433