Il particolato atmosferico non favorisce la diffusione in aria del Covid-19; è quanto risulta da uno studio congiunto tra Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR e ARPA Lombardia, ora pubblicato su Environmental Research. La ricerca ha analizzato le concentrazioni di SARS-CoV-2 in aria nelle città di Milano e Bergamo, studiando l’interazione con le altre particelle presenti in atmosfera
Queste le conclusione dello studio:
La diffusione della SARS-CoV-2 per contatto (diretto o indiretto) è ampiamente accettata, ma l’importanza relativa della trasmissione aerea è ancora controversa. La probabilità di trasmissione aerea all’aperto dipende da diversi parametri, ancora piuttosto incerti: concentrazioni di aerosol cariche di virus, vitalità e durata, dose minima necessaria per trasmettere la malattia. In questo lavoro, una stima delle concentrazioni all’aperto nel nord Italia (regione Lombardia) è stata eseguita utilizzando un semplice approccio modello box, basato su una stima delle emissioni respiratorie, con un focus specifico per le città di Milano e Bergamo (Italia). Inoltre, è stata studiata la probabilità di interazione di aerosol carico di virus con particelle preesistenze di diverse dimensioni. I risultati indicano un livello molto basso (<1 copia RNA/m3) concentrazioni medie all’aperto nell’area pubblica, escluse le zone affollate, anche nel peggiore dei casi e supponendo che un certo numero di infetti infetti fino al 25% della popolazione. In media, ipotizzando un numero di infetti pari al 10% della popolazione, il tempo necessario per ispirare un quantum (cioè la dose di nuclei di goccioline trasportate dall’aria necessaria per causare infezioni nel 63% delle persone sensibili) sarebbe di 31,5 giorni a Milano (range 2,7-91 giorni) e 51,2 giorni a Bergamo (range 4.4-149 giorni). Pertanto, la probabilità di trasmissione aerea dovuta all’aerosol respiratorio è molto bassa in condizioni esterne, anche se potrebbe essere più rilevante per gli ambienti interni della comunità, in cui sono necessari ulteriori studi per indagare i potenziali rischi. Teoricamente abbiamo esaminato se le particelle atmosferiche possono scavenge l’aerosol virale, attraverso l’impatto inerziale, l’intercettazione e la diffusione browniana. La probabilità era molto bassa. Inoltre, la probabilità di coagulazione dell’aerosol carico di virus con particelle atmosferiche preesistenze è risultata trascurabile per l’accumulo e le particelle in modalità grossolana, ma l’aerosol carico di virus potrebbe agire come un lavandino di particelle ultrafini (circa 0,01 μm di diametro). Tuttavia, questo non cambierà significativamente il comportamento dinamico della particella virale o il suo tempo di permanenza nell’atmosfera.
Cnr e Arpa Lombardia SARS-CoV-2 nell’aria