La falda acquifera è contaminata dall’amianto. Così come cospargere brecciolina intorno alla Fibronit non blocca l’ inquinamento. Anzi, aggrava la situazione. Le dichiarazioni choc sono state fatte dal consulente del pm Rossi al processo per l’inquinamento ambientale che si celebra al Tribunale di Bari. Intanto, ieri nuovo presidio dinanzi allo stabilimento di Japigia.
«è Vergognosa l’idea di isolare l’ amianto della Fibronit con la brecciolina». Si esprime senza mezzi termini il professor Onofrio Laricchiuta, consulente del pm Roberto Rossi nel processo a due persone, Stefano Artese e Alvaro Galvani, accusati dell’ attuale inquinamento ambientale provocato dalla ex fabbrica di cemento amianto. Ieri mattina, in aula, ha lanciato l’ allarme sull’attuale situazione del sito, altamente pericoloso per la dispersione di fibre di amianto. Al termine dell’ udienza ha poi criticato la soluzione tecnica adottata dalla ditta che sta svolgendo i lavori di messa in sicurezza per conto del Comune di Bari, la Tia: «La brecciolina – ha spiegato il chimico – viene facilmente dilavata dalla pioggia. Le fibre di amianto, così trascinate via dall’ acqua, si disperdono facilmente nell’ atmosfera. Stessa reazione quando vengono estirpate le erbacce che crescono spontaneamente nella discarica e che qualcuno di tanto in tanto cerca di eliminare». Un allarme annunciato da tempo, e messo nero su bianco, nella relazione che il professor Laricchiuta e il collega Francesco Fracassi elaborarono nell’ estate 2002 per conto del pm. Nelle 132 pagine, si esaminava la situazione così come emergeva dai sopralluoghi condotti nei mesi precedenti, si prospettavano soluzioni e relativi costi. Gli stessi aspetti che sono stati ribaditi ieri mattina, dinanzi al giudice unico del tribunale di Bari, Francesca Romana Pirrelli. «Per la messa in sicurezza d’emergenza – ha spiegato Laricchiuta – occorrono 4.500 euro, mentre per la bonifica totale, che richiede uno studio approfondito e per la quale c’è meno fretta, servirebbero 24 milioni di euro». Il punto è sempre lo stesso: è necessario far presto, «confinare tutto l’amianto che ancora esiste in quella fabbrica dismessa – ha detto il consulente – per limitare i problemi di salute a chi abita nei dintorni. Sulla bonifica ci si può anche ragionare, ma è indispensabile la messa in sicurezza per non disperdere le fibre nell’aria». Fibre estremamente volatili, che negli ultimi anni hanno provocato la morte di oltre un centinaio di persone, mentre l’incidenza di mesoteliomi pleurici o di altre patologie legate all’ingestione di amianto tra gli abitanti dei quartieri confinanti con la Fibronit (Japigia, San Pasquale), continua a salire raggiungendo livelli inquietanti. Ma anche all’ interno dello stesso sito, la realtà supera la fantasia: uno dei capannoni ricoperti da lastre di amianto, ad esempio, si appoggia su un unico tubo di ferro che potrebbe cedere da un momento all’ altro. «Il problema – ha fatto notare Laricchiuta – è che non si sa, perché nessuno ha svolto analisi, cosa ci sia sotto quei capannoni. Uno strato di cemento, sì, ma poi? Manca, tra l’ altro, un’ analisi dei residui di lavorazione, non si può dire che sia amianto senza aver fatto adeguati controlli». Di certo si sa che una relazione condotta per conto della Asl dall’ Ispesl di Roma ha evidenziato una elevata percentuale di fibre nella falda acquifera: «La contaminazione di amianto – si legge – ha anche raggiunto la falda acquifera. La concentrazione varia da un minimo di 1.800 ad un massimo di 9.000 fibre per litro». Ma quel che più preoccupa è che la legge sulla bonifica dei suoli contaminati da amianto (il decreto ministeriale 471 del ‘ 99) non ha ancora previsto il limite massimo per la concentrazione di fibre nella falda, rinviando la definizione ad un confronto tra Arpa (l’agenzia regionale per l’ambiente) e le regioni. Intanto, il pericolo è ancora vivo.
Redatto l’articolo su Repubblica link qui di seguito: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/12/20/anche-acqua-all-amianto.html
Di seguito invece un articolo estratto da ECOSCIENZA Numero 6 • Anno 2016 amianto_tubazioni_ES6_16