La sentenza del TAR Lazio n° 219 del 7 gennaio 2021 ha ribadito la legittimità del Decreto Ministeriale 22/2013 “End of Waste” del CSS-Combustibile (Combustibile Solido Secondario) ed il suo utilizzo come combustibile.
Poiché alcuni commenti trionfalistici appaiono veramente esagerati, sono necessarie alcune riflessioni sull’argomento.
Il CSS viene definito dall’art. 183, comma 1, lettera cc), del d. Lgs. 152/2006 come il combustibile solido prodotto da alcuni tipi di rifiuti non pericolosi, che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate dalla norma tecnica UNI EN 15359.
Nello specifico, il CSS deriva prevalentemente dal trattamento dei RSU (Rifiuti Solidi Urbani) indifferenziati, una frazione che, allo stato attuale delle tecnologie disponibili per la gestione dei rifiuti, non è possibile sottoporre a riutilizzo o recupero di materia.
Il RSU indifferenziato, per poter essere classificato come CSS e successivamente valorizzato energeticamente, subisce una serie di trattamenti fisici e chimici: viene ridotto in quantità attraverso la biostabilizzazione, che elimina anche la carica batterica e l’umidità residuale e quindi deferrizzato e ripulito dal materiale inerte presente.
La norma UNI EN 15359 classifica il CSS sulla base dei valori limite assunti da tre parametri:
A seconda del valore assunto dal parametro, si distinguono le classi da 1 a 5. La combinazione dei numeri delle classi dei tre parametri definisce il “codice classe” del CSS.
Il Decreto Ministero dell’Ambiente Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni del 14 febbraio 2013, n. 22, definisce il CSS-Combustibile come il “sottolotto” di Combustibile Solido Secondario.
Le caratteristiche del CSS-combustibile sono di seguito riportate:
Il CSS-Combustibile è pertanto un prodotto che ha cessato di essere rifiuto, divenendo un End of Waste ed è presente, insieme ad altri combustibili tradizionalmente utilizzati, nell’Allegato X alla Parte V del Codice dell’Ambiente.
Il D.M. 22/2013 si applica alla produzione del CSS-Combustibile come definito all’articolo 3, comma 1, lettera e), e all’utilizzo dello stesso come combustibile negli impianti definiti all’articolo 3, comma 1, lettere b) e c), rispettivamente, ai fini della produzione di energia elettrica o termica.
Gli impianti autorizzati alla combustione del CSS-combustibile, sono solo i seguenti:
La condizione fissata dalla norma è che il CSS-Combustibile sia utilizzato come combustibile in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali.
Ma attenzione, la produzione di CSS-combustibile non soddisfa i principi della “economia circolare”; è appena il caso di ricordare che per il calcolo degli obiettivi di riciclo I materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuti da utilizzare come combustibili o altri mezzi per produrre energia, o da incenerire, o da utilizzare in riempimenti o smaltiti in discarica, non sono computati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio (cfr art 205-bis del d. Lgs 152/2006).
Altro aspetto riguarda la gestione del CSS-rifiuto.
Questo rifiuto mantiene la classificazione (cinque classi) come da UNI EN 15359 ma, a differenza del CSS-combustibile, non ha altri limiti di riferimento. Inoltre per la produzione di questo rifiuto si può utilizzare qualsiasi tipo di scarto purché non pericoloso.
Gli impianti che producono questo tipo di rifiuto generalmente fanno riferimento ai limiti indicati nella UNI/TS 11553:2014
Quindi il CSS può essere utilizzato in qualsiasi impianto di trattamento rifiuti purché autorizzato.
Nell’ambito della gerarchia dei rifiuti il recupero energetico, dopo le fasi legate alla prevenzione, al riuso (e preparazione al riuso) ed al recupero di materia, è sempre da preferire allo smaltimento in discarica.
È vero !
Ma la condizione per l’utilizzo di questo rifiuto deve tener conto di quanto stabilito nell’art. 177 del d. Lgs 152/2006 che così recita:
I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare:
Tenendo conto anche dell’art. 178 del d. Lgs 152/2006:
Quindi l’utilizzo per recupero energetico del rifiuto, ad esempio in una cementeria, soddisfa queste condizioni ?
Molto dipende dalla qualità del CSS che si intende bruciare e dai sistemi di depurazione dei fumi che non potranno di certo avere le prestazioni di un inceneritore.
In generale l’impiego del CSS presenta elevati margini di rischio sotto il profilo ambientale e sanitario con riferimento, in particolare al tema delle emissioni (cfr rapporto del comitato di vigilanza e controllo sull’applicazione del D.M. 14 febbraio 2013, n° 22).
Sentenza TAR Lazio 2021 219
decreto_14_febbraio_2013_n._22