Innanzitutto è opportuno chiarire che se per “delega di funzioni” s’intende comunemente il trasferimento degli obblighi dal soggetto su cui gravano ex lege ad un’altra persona incaricata del loro soddisfacimento in sua vece, non è altrettanto pacifica la sua disciplina: infatti, nel nostro ordinamento non esiste alcuna disposizione che regoli questo istituto nel campo ambientale frutto dunque della sola elaborazione giurisprudenziale della Corte di Cassazione.
L’istituto della delega di funzioni, che trae origine dalla normativa sulla prevenzione degli infortuni e dell’igiene del lavoro, e successivamente filtrato anche tra le tematiche ambientali e, prendendo le mosse dal concetto di mandato previsto dal Codice civile, si è caratterizzata nella pratica come un trasferimento della posizione di potere dal legale rappresentante al soggetto da questi delegato.
Nonostante si sia ripetutamente affermato che l’istituto della delega di funzioni sia stato elaborato solo dalla giurisprudenza, si rinvengono all’interno della stessa due differenti orientamenti. Un primo indirizzo (ormai da ritenersi superato), infatti, creatosi in particolare nell’alveo della tutela dall’inquinamento idrico, ha escluso che nel nostro ordinamento sia ammissibile l’ipotesi della delega di funzioni in campo ambientale, sul presupposto, già segnalato, che non esiste una previsione legislativa in tal senso e che la responsabilità penale è esclusivamente personale e, pertanto, non derogabile.
Sul versante opposto, si è andato poi via via profilando un orientamento (oggi senz’altro prevalente) che ha osservato la gestione pratica della realtà aziendale ed ha convenuto sull’impossibilita del titolare di adempiere ai numerosi obblighi a suo carico: sulla scorta di questi rilievi, è stato ammesso il decentramento funzionale che determina, di conseguenza, un mero trasferimento degli obblighi con la conseguente assunzione di responsabilità proprie.