Data come presupposta la caratterizzazione idrogeologica del terreno, la deroga è legittima qualora sia dimostrata l’irrilevanza del rischio aggiuntivo costituito dai più elevati limiti di concentrazione nell’eluato. Deve quindi essere stimata l’incidenza marginale della deroga sul rischio presente. Se l’aumento del rischio è trascurabile, per la situazione dei luoghi o per l’effetto delle prescrizioni imposte alla gestione operativa delladiscarica, il principio di precauzione si può considerare rispettato.
La concessione della deroga ai limiti di concentrazione nell’eluato ai sensi dell’art. 10 del DM 27 settembre 2010 non costituisce variante sostanziale ai sensi dell’art. 5 comma 1-l-bisdel Dlgs. 152/2006, e quindi non richiede la ripetizione delle procedure di VIA e di autorizzazione unica.
A proposito del monitoraggio del percolato, la frequenza trimestrale delle analisi sulle concentrazioni di inquinanti e la verifica mensile del volume, secondo le indicazioni della tabella 2 dell’Allegato 1 del Dlgs. 36/2003, costituiscono una tutela sufficiente. L’onere economico di controlli più ravvicinati, in mancanza di specifici elementi di allarme, non sarebbe giustificabile in base al principio di proporzionalità.
Sulla partecipazione alla procedura di deroga. Il contenuto tecnico della valutazione di rischio, regolato dalle linee-guida dell’ISPRA e dell’ARPA, non consente di attribuire ai Comuni territorialmente competenti il ruolo di interlocutori necessari nella procedura di deroga ai limiti di concentrazione nell’eluato ai sensi dell’art. 10 del DM 27 settembre 2010. L’acquisizione dei pareri e delle osservazioni dei Comuni è quindi correttamente qualificata dalla Regione nel DDR 25 luglio 2011 n. 6907 come una mera facoltà della Provincia, esercitabile allo stesso modo per tutte le varianti che comportano l’integrazione dell’autorizzazione unica, sostanziali e non sostanziali.
Sulla partecipazione alla procedura di deroga. ..Un’interlocuzione con la ATS non risulta necessaria neppure nell’esame della valutazione di rischio, in quanto in tale documento il modello concettuale delladiscaricaviene definito in termini di sorgente degli inquinanti, percorso e bersaglio, e dunque rilevano principalmente competenze di natura chimica, geologica, idrogeologica e meteoclimatica, tutte concentrate presso l’ARPA.
Parimenti, non devono essere presi in considerazione i pozzi abusivi, i quali, proprio a causa della natura abusiva, non possono acquisire un diritto di prevenzione nei confronti dell’insediamento di nuove attività economiche. L’eventuale regolarizzazione di questi pozzi è necessariamente subordinata alla compatibilità tra l’uso richiesto e il rischio connesso alla presenza di inquinanti nella falda. Sulla base dei futuri monitoraggi potrebbe quindi essere concessa una regolarizzazione solo parziale, con divieto dell’uso potabile.
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