• DVR e 231

    Secondo i Giudici:

    • .. Nella sentenza di primo grado era stato affermato che l’omessa valutazione dei possibili rischi connessi alla particolare attività lavorativa per cui è processo (e quindi la mancata previsione di procedure e misure di prevenzione e sicurezza) era condotta che andava imputata al datore di lavoro, anche in presenza della figura di un responsabile della sicurezza, in quanto, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità (peraltro puntualmente richiamata in sentenza), la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti soltanto se tali eventi siano il frutto di disfunzioni occasionali (e non anche nel caso in cui siano determinati da difetti strutturali aziendali o del processo produttivo, come per l’appunto nel caso di specie). E, d’altra parte, per espressa previsione di legge (art. 17 d. Igvo n. 81/2008) la redazione del documento di valutazione rischi è compito specifico del datore di lavoro, e, in quanto tale, insuscettibile di formare oggetto di delega.
    • .. il datore di lavoro ha l’obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro, e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
    • ..  la mancata previsione nel DVR dello specifico rischio in esame e quindi dell’utilizzo di altri mezzi di imbragatura (che a detta degli operai erano molto più “brigosi” da utilizzare) aveva consentito all’azienda di operare più celermente (e quindi di risparmiare tempo): tale modalità operativa si era così dimostrata oggettivamente vantaggiosa per l’ente. Orbene, anche rispetto ai motivi in esame, è sufficiente rilevare che dalla intestazione della sentenza impugnata (oltre che dal tenore degli atti di appello e dei relativi motivi aggiunti, in atti) emerge che la questione della colpa di organizzazione e dei presupposti applicativi dell’art. 5 del d. Igs. n. 231 del 2001 non hanno formato oggetto di uno specifico motivo di doglianza davanti alla Corte di appello. 

     

    La sentenza puoi scaricarla qui Cassazione Penale 2017 29731

     

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