Il Tar Lecce ha annullato i provvedimenti regionali sull’applicazione dell’ecotassa, accogliendo il ricorso proposto da 74 Comuni della provincia. La vicenda risale al 2014 quando i comuni Salentini, con capofila quello di Lecce, si sono opposti alla decisione della Regione Puglia di fissare l’ecotassa a 25,82 euro per ogni tonnellata di rifiuto conferito in discarica per tutti i Comuni che non avevano raggiunto elevate percentuali di raccolta differenziata.
Secondo i ricorrenti il sistema della provincia di Lecce determina lo smaltimento in discarica di una percentuale contenuta nella misura del 30%, la più bassa della Puglia, evidenziando come non si possa dare rilievo esclusivamente al momento iniziale della raccolta, ma occorra valorizzare anche la successiva fase di trattamento, poiché quello che conta è il quantitativo finale che viene conferito in discarica. La tesi era stata in prima battuta condivisa dai Giudici del Tar di Lecce che con un’ordinanza del 2015 avevano rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione sulla compatibilità con la disciplina statale della Legge Regionale pugliese 38 del 2011. E la Consulta ad aprile dello scorso anno aveva condiviso le ragioni dei Comuni, dichiarando incostituzionale la Legge pugliese.
Un aspetto interessante della sentenza riguarda il bilancio di materia dei rifiuti urbani, secondo il TAR Lecce:
Il processo di selezione dei rifiuti dei comuni ricorrenti, se comporta la selezione meccanica e biostabilizzazione di rifiuti indifferenziati, pur tuttavia raggiunge i seguenti risultati: il 40% circa del rifiuto viene effettivamente recuperato ( FSC e materiali ferrosi) con l’invio della FSC ( 38,69%) all’impianto di produzione del CDR; il 26% circa ( nel 28% è stata quantificata la perdita di processo, cioè la differenza fra la quantità di rifiuti in entrata e la quantità in uscita, differenza che necessariamente comprende la quantità di materiali ferrosi e non ferrosi compresi nella quantità in uscita e non in quella in entrata, cioè nei dati forniti dalla Regione e dai gestori degli impianti, e quindi recuperati nel corso del processo) viene assorbito dalle perdite di processo (riduzione di peso e volume determinato dai vari trattamenti e in particolare dalla biostabilizzazione); solo il 33,64 % viene conferito in discarica. Tali operazioni appaiono rispondere alle finalità di riduzione e di recupero dei rifiuti volute dalla L.549/1995 tenuto conto che, nella realtà regionale ( in base ai dati desumibili dalla determinazione del dirigente del Servizio Rifiuti 13 gennaio 2015 n.3 ), ad esempio nel Comune di Ceglie Messapica, la raccolta differenziata intercetta il 48,58% dei rifiuti, il 51,42% viene raccolto in maniera indifferenziata e conferito all’impianto di trattamento, nel quale è recuperato solo il 3,29% di quanto conferito all’impianto, cioè l’1,70% del totale dei rifiuti ( certificazione del gestore dell’impianto a servizio della provincia di Brindisi depositata il 14 marzo 2015), con il conferimento in discarica del 42% del totale dei rifiuti;
Il sistema della premialità previsto dalla legge regionale in esame, come efficacemente rilevato dai comuni ricorrenti, comporta delle conseguenze applicative irrazionali e ingiustificate tra comuni che realizzano la raccolta differenziata a monte (ma che conferiscono in discarica una quantità considerevole di rifiuti), e che quindi usufruiscono delle premialità previste dalla legge regionale ( vedi l’esempio di Ceglie Messapica) e comuni, come quelli leccesi, che procedendo alla separazione e “lavorazione” dei rifiuti indifferenziati, conferiscono in realtà una frazione inferiore di rifiuti in discarica, ma, non raggiungendo le percentuali di raccolta differenziata previste dalle norme regionali, non hanno accesso alle premialità previste dalla legge regionale e subiscono l’applicazione dell’ ecotassa in misura superiore
In particolare, questi ultimi hanno effettuato il confronto con i comuni della provincia di Brindisi, e in particolare con il Comune di Ceglie Messapica il quale, avendo raggiunto un livello di raccolta differenziata pari al 48,58% ( dato riportato nella determina regionale n.3/2015), deve versare una ecotassa di appena €/t6,97 pur versando nella situazione seguente:
– il 48,58% viene recuperato perché intercettato nella raccolta differenziata,
– il 51,42 % viene raccolto in maniera indifferenziata e conferito presso l’impianto di bacino, – il 42% viene conferito in discarica ( dato che l’1,70% viene recuperato e il resto viene assorbito dalle perdite di processo .
Di converso un comune della provincia di Lecce ( ad esempio il Comune di Guagnano) pur avendo realizzato una percentuale di raccolta differenziata intorno al 35,30 % ed avendo raccolto in maniera indifferenziata il 64,7% ( che viene smaltito in discarica nella percentuale del 33,64% ) è stato chiamato a pagare una ecotassa pari ad € 22,59/t..
Quanto al concreto sistema impiantistico esistente negli impianti leccesi, come risulta descritto dai ricorrenti nella perizia tecnica di parte a firma dell’ing. Marangio del 6 maggio 2014, i RSU in ingresso ricevono le seguenti operazioni:
-ispezione visiva, successive: triturazione primaria e dal rifiuto triturato separazione dei metalli (di cui i metalli ferrosi al recupero), biostabilizzazione in tunnel ( con perdite di processo), dal materiale biostabilizzato effettuazione vagliatura ( di cui il sottovaglio /RBD/scarti e sovvalli allo smaltimento, sopravaglio e separazione dei metalli ( di cui materiali ferrosi al recupero), separazione metalli non ferrosi ( metalli ferrosi non al recupero), produzione FSC inviata a impianti di produzione CDR.
Qui la sentenza TAR Lecce 2018 305