Secondo i Giudici:
Il “gesso di defecazione”, previsto dall’allegato 3 del d.lgs. n. 75 del 2010, è un fertilizzante appartenente alla famiglia degli “elementi chimici della fertilità” e, in particolare, alla specie dei “correttivi”, materiali, cioè, «da aggiungere al suolo in situ principalmente per modificare e migliorare proprietà chimiche anomale del suolo dipendenti da reazione, salinità, tenore in sodio» (art. 2, comma 1, lett. aa, d.lgs. n. 75 del 2010). Tra questi, il gesso di defezione è definito al punto 21 nel numero 2 dell’allegato 3, come prodotto ottenuto da idrolisi (ed eventuale attacco enzimatico) di materiali biologici mediante calce e/o acido solforico e successiva precipitazione del solfato di calcio. … A norma dell’art. 184-ter, d.lgs. n. 152 del 2006, un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana….
Dunque, perché il gesso di defecazione cessi di essere rifiuto è necessario che: a) sia recuperato a seguito di procedura semplificata nel rispetto delle condizioni e prescrizioni previste dall’art. 216, d.lgs. n. 152 del 2006 e dal D.M. 5 febbraio 1998, ivi compresa, prima di ogni altra, l’iscrizione dell’impresa nel registro di cui al comma terzo dell’art. 216; b) sia impiegato nella produzione di fertilizzanti conformemente al d.lgs. n. 75 del 2010…
Il gesso di defecazione, infatti, può essere messo in commercio come fertilizzante solo se rispetta i requisiti tecnici e sono adempiute le prescrizioni riportate nel regolamento (CE) n. 2003/2003 del 13/10/2003 e nel d.lgs. n. 75 del 2010 (così l’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 75) che ne impongono la etichettatura, la tracciabilità e la preventiva iscrizione del fabbricante nel “Registro dei fabbricanti di fertilizzanti” (art. 8, d.lgs. n. 75). Tutti i fertilizzanti devono inoltre recare le indicazioni contenute nell’art. 9, comma 1, lett. a), reg. (CE) 2003/2003. Per il gesso di defecazione, in caso di imballaggio, l’etichetta deve obbligatoriamente indicare anche il materiale biologico idrolizzato (così l’allegato 3 al d.lgs. n. 75, cit.). Ove venduto sfuso tali indicazioni devono essere riportare nel documento di accompagnamento (artt. 7 e 9, reg. CE).
ed infine
La già evidenziata macroscopica anomalia della sua cessione al prezzo di un euro dietro assunzione, da parte del produttore, del costo di spedizione (condotta apparentemente contraria ai più elementari principi dell’economia di mercato), la mancata denuncia del gesso nel piano di utilizzazione agronomica relativo all’anno 2011/2012 (in quello precedente era stato dichiarato nella misura di 489 mc.), le modalità della detenzione (a cielo aperto e a diretto contatto con il terreno), la quantità della sostanza e la durata della sua detenzione (da due mesi), la mancanza – persino in questa sede – di qualsiasi indicazione sull’uso certo al quale sin dall’inizio avrebbe dovuto essere destinato (certezza esclusa proprio dalla mancata inclusione del PUA 2011/2012), rendono non manifestamente illogica la conclusione che tale prodotto abbia perpetuato, sin dalla fase produttiva, la sua natura di rifiuto, reclamata dai fatti così come apparsi agli operanti e descritti dal Giudice.
La sentenza può essere scaricata qui Cassazione Penale 2017 39074