Secondo i Giudici della Corte di Cassazione penale
Integra il delitto di cui all’art. 639, comma 2, cod. pen., la condotta di chi, dopo aver rovistato nelle buste dei rifiuti conferiti in regime di raccolta differenziata, al fine di asportare quanto di suo interesse, rompa le buste che li contengono ed asporti quanto a lui utile, abbandonando il resto sulla pubblica via, in ragione del pregiudizio dell’estetica e della pulizia conseguente, risultando imbrattato il suolo pubblico in modo tale da renderlo sudicio, con senso di disgusto e di ripugnanza nei cittadini (sulla particolare natura della condotta del reato di cui all’art. 639 cod. pen. Cass. Sez. 2, n. 5828 del 24/10/2012, dep. 6/2/2013 e sulla differenza con il danneggiamento Sez. 2, n. 2768 del 2/12/2008, dep. 21/1/2009). Trattandosi di dolo generico è indifferente per l’esistenza del reato il fine per cui il soggetto agisce, occorrendo soltanto che questi si sia rappresentato l’evento dannoso ed abbia agito di conseguenza. Né, può escludersi il dolo in ragione della natura episodica della condotta, tenuto conto che la fattispecie non richiede affatto una ripetizione dei comportamenti (verificandosi il momento consumativo del reato proprio con il prodursi dell’effetto di imbrattamento o di deturpamento) e che l’abbandono ormai diffuso e sistematico dei rifiuti che non formano oggetto di diretto “interesse” da parte di chi rovista nei cassonetti, ha conferito all’incriminazione quella “dannosità sociale” sufficiente ad attribuirle legittimazione sostanziale e, dunque, in assenza di elementi negativi del fatto o cause di esclusione della pena, a rendere ragionevole l’applicazione di una sanzione penale.
Qui la sentenza Cassazione penale 2018 29018