Una possibile definizione del lavoro in solitudine è la seguente: una persona è “sola” al lavoro quando non può essere vista o sentita da un’altra persona e quando non può aspettarsi una visita da un altro lavoratore.
Altra definizione del lavoro in solitario può essere la seguente: il lavoro che viene svolto da un addetto in totale autonomia, che non è soggetto a sovrintendenza di un preposto, che è isolato da altri lavoratori e che, in generale, viene realizzato all’esterno del sito dell’azienda cui il lavoratore appartiene.
Il lavoro in solitudine, ammesso dal nostro ordinamento, non è regolato da alcuna legge come rischio specifico.
Un riferimento di Legge per queste attività, può essere il D.M. 388/2003 “Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell’articolo 15, comma 3, del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni”:
– l’art. 2.5: Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro è tenuto a fornire loro… un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale
– l’art. 2.2 che estende, a tutte le aziende o unità produttive con meno di tre lavoratori (non rientranti nel gruppo A dell’art. 1), l’obbligo di garantire il mezzo di comunicazione idoneo dell’art. 2.5.
Si tratta, in sostanza, di un lavoro connotato dalla “solitudine”, intesa come situazione particolare che deve essere considerata come potenziale fattore di rischio.
Numerosi so no i lavori svolti in solitudine. Esistono ad esempio lavoratori solitari che prestano la loro opera in ambienti estranei, nei quali possono essere presenti rischi che non conoscono (tecnici di aziende inviati presso altre aziende per manutenzione o riparazione di attrezzature, energia elettrica, gas, addetti alla pulizia uffici in orario extra lavoro, vigilantes notturni, autotrasportatori, gli addetti all’esercizio di impianti diffusi sul territorio e non presidiati (cabine elettriche, impianti di depurazione acque, ponti radio) ispettori di linee di trasporto energia (elettrodotti, gasdotti).
Possono infine esistere occasioni di lavoro in solitudine anche all’interno di luoghi di lavoro con numerosi addetti, all’interno di uno stabilimento (operatori che lavorino solo per lunghi periodi in sale quadri di impianti chimici, di raffinerie, di centrali termiche, in magazzini, depositi, scantinati, vani tecnici) o in un ufficio (in archivio, in un ufficio decentrato, periferico).
Il d. Lgs. 81/08 ha fatto diversi accenni a lavori a rischio nei quali è richiesta la presenza di almeno due lavoratori, ma non è prevista una sistematica casistica ad hoc e le cautele indicate, orientate alla sicurezza antinfortunistica classica, devono intendersi come necessarie ma non sempre esaustive.
d. Lgs. 81/08 | Oggetto | Estratto |
Articolo 66 | Lavori in ambienti sospetti di inquinamento | 1. È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. |
Allegato IV, punto 3 | Vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos | 3.2.1. Prima di disporre l’entrata di lavoratori, chi sovraintende ai lavori deve assicurarsi che nell’interno non esistano gas o vapori nocivi o una temperatura dannosa e deve, qualora vi sia pericolo, disporre efficienti lavaggi, ventilazione o altre misure idonee.
3.2.3. I lavoratori che prestano la loro opera all’interno dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore, situato all’esterno presso l’apertura di accesso. |
Articolo 145 | Disarmo delle armature | 1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2 dell’articolo 142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste sotto la diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre dopo che il direttore dei lavori ne abbia data l’autorizzazione. |
Articolo 113 | Scale | 5. Quando l’uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.
8. Per l’uso delle scale portatili composte di due o più elementi innestati (tipo all’italiana o simili), si devono osservare le seguenti disposizioni: d) durante l’esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza della scala. |
Nella tabella sono esemplificati alcuni fra gli innumerevoli casi di lavoro solitario.
Esempi di ruoli lavorativi che prevedono il lavoro in solitudine:
Esempi di mansioni che possono essere svolte anche in assenza di altre persone:
In tutti questi casi la solitudine è un pericolo, che deve essere preso in considerazione, in quanto può introdurre un rischio aggiuntivo ai rischi che quel lavoro comunque comporterebbe, anche qualora svolto in presenza di altre persone.
Tre sono, in estrema sintesi, le caratteristiche rilevanti per la salute e la sicurezza del lavoratore derivanti dal lavoro svolto in solitudine:
La valutazione dei rischi e le misure di prevenzione
Quando si tratta di lavoro dipendente, queste tre problematiche devono essere prese in considerazione dal datore di lavoro che, sulla base dell’articolo 17 del d. Lgs. 81/08, ha il dovere di valutare i rischi, individuare in quali attività sia permesso o meno il lavoro in solitudine (ad esempio, nei luoghi sotterranei o confinati) ed infine adottare le soluzioni più idonee a far fronte ad un lavoro così organizzato.
In quest’ambito, una particolare cura deve essere posta alla valutazione del rischio stress lavoro correlato. Il documento che al riguardo deve essere redatto deve essere parte integrante del documento generale di valutazione dei rischi (art. 28 comma 1 del d. Lgs. 81/08). Per la specifica valutazione del rischio stress lavoro correlato occorre fare riferimento ai principi generali contenuti nell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 e ad un percorso metodologico che tenga in considerazione: gli eventi sentinella, i fattori di contenuto del lavoro e i fattori di contesto del lavoro. Tra i fattori di “contenuto” del lavoro ci preme focalizzare l’attenzione sul concetto di orario di lavoro. Mentre tra i fattori di “contesto” del lavoro, la nostra attenzione è rivolta ai concetti di autonomia decisionale. Entrambe le tematiche, l’orario e l’autonomia possono infatti avere un forte impatto sul benessere individuale.
Per mettere in atto un percorso di riduzione del rischio e di miglioramento continuo, l’organizzazione deve poi utilizzare la valutazione dello stress come base per la condivisione (discussione e comunicazione) dei risultati utili per la gestione del rischio, ma anche per la (ri)progettazione dei fattori organizzativi di disagio.
La prevenzione, l’eliminazione o la riduzione dei problemi di stress lavoro-correlato può comportare l’adozione di misure che possono essere collettive, individuali o di entrambi i tipi ed introdotte sotto forma di specifiche misure mirate a fattori di stress individuati.
Nello scegliere le misure ed i provvedimenti di prevenzione adeguati, dato il carattere variabile del fenomeno stress, legato a fattori “imprevedibili” (es. le diverse reazioni dei gruppi – o del singolo – nei confronti della medesima scelta aziendale che sia tecnica, gestionale, organizzativa o un evento che subentra nella vita di una persona), si potrebbero adottare differenti misure. Tra queste:
La responsabilità di stabilire le misure adeguate da adottare spetta al datore di lavoro che integra la politica aziendale con la partecipazione e la collaborazione del gruppo ed individua le misure di prevenzione e può adottare un codice di condotta aziendale.
Gli interventi per la riduzione dei rischi, già programmati con la valutazione degli indicatori oggettivi, si integrano con le misure derivanti dalla valutazione degli indicatori soggettivi tra i quali:
Nel complesso – e più in generale – si tratta di associare o integrare con i rischi specifici della mansione o del compito precipuo gli elementi derivanti dall’essere solitari, cioè di non poter comunicare senza media e/o di dover intervenire senza aiuto “fisico” immediato e diretto in qualunque circostanza. Anche se analoghi a quelli di chi lavora in gruppo, infatti, gli incidenti (o le anomalie) dei lavoratori solitari possono avere conseguenze più gravi o essere più frequenti, a causa della difficoltà a gestirli da parte del singolo.
Se il rischio per i lavoratori solitari diventa o rimane elevato nonostante le misure di prevenzione e di protezione, è bene rivalutare l’organizzazione delle attività ed eventualmente rinunciare al lavoro singolo. Senza supervisione o collaborazione sono vietati o non dovrebbero essere effettuati:
Per queste e altre attività pericolose è bene prevedere sempre un aiuto e non solo di tipo “quantitativo”. Per tutte le restanti, considerate “normali”, queste note possono costituire uno spunto di riflessione per condurre un’analisi del rischio correlato e assumere le opportune contromisure.
La formazione e l’emergenza
Una volta individuati i pericoli, i rischi e i provvedimenti migliorativi, deve essere integrato o revisionato il documento di valutazione dei rischi, attuando le procedure di formazione idonee a trasmettere le regole comportamentali del lavoro solitario in sicurezza. La formazione in questo caso deve essere orientata a sviluppare consapevolezza nell’autonomia, anche come fattore di riduzione dello stress/panico nelle situazioni non ordinarie.
A seguito di una formazione completa ed efficace, i lavoratori solitari dovrebbero conoscere e sapere attuare autonomamente le procedure di emergenza dei propri reparti, locali o ambiti. Deve essere garantito un accesso agevole alle cassette di primo soccorso anche negli orari di “chiusura”, oppure è possibile fornire al lavoratore un kit trasportabile per il trattamento di piccole ferite o l’automedicazione (associato al relativo corso di primo soccorso). Queste indicazioni devono essere declinate secondo il caso e proporzionate ma non scartate in quanto superflue o eccessive. Volendo fare un esempio, si consideri l’ultimo lavoratore che lascia l’ufficio prima di una festività e rimane chiuso in ascensore per un banale interruttore che non fa contatto. In questa eventualità occorre sapere cosa deve fare il lavoratore, quanto dovrà aspettare e se c’è qualcuno non in ferie nel palazzo oppure se dovrà rimanere diverse ore al chiuso in attesa dei soccorsi.