La sentenza tratta della manomissione del dispositivo interagente con il cronotachigrafo del trattore stradale in uso all’imputato, attuata con l’applicazione di «un magnete in prossimità del sensore di un movimento dell’albero di trasmissione» e funzionale alla registrazione di un minore numero di ore di impiego rispetto a quelle effettive.
Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze ha denunciato la incorsa erronea interpretazione e applicazione degli artt. 437 cod. pen. e 179, secondo comma, cod. strad. e rappresentando che le due norme non sono in rapporto di specialità perché sanzionano diverse condotte, e segnatamente con il delitto è sanzionato l’atto della manomissione e con l’illecito stradale è sanzionata la circolazione con il dispositivo manomesso, cui consegue che l’imputato, che manomette il dispositivo e circola alla guida del trattore, risponde di due illeciti tra loro indipendenti.
Così i Giudici:
e dunque il ricorso è stato respinto in quanto né il capo di imputazione e la motivazione della sentenza, che a esso si richiama, contengono alcun riferimento alla posizione dell’imputato come datore di lavoro che abbia manomesso, con le modalità enunciate, il cronotachigrafo di quel mezzo sì da creare, in termini di indeterminatezza, una situazione di pericolo potenziale per qualunque autista, lasciando piuttosto presumere che la condotta sia stata ascritta al conducente, che ha applicato il ridetto magnete al veicolo in suo uso.
Qui la sentenza Cassazione penale 2019 4890