Secondo i giudici:
… va sgombrato il campo da ogni equivoco in ordine alla natura ed ai compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), … si tratta, infatti, di un soggetto che non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica e che opera, piuttosto, quale “consulente” in tale materia del datore di lavoro, essendo e rimanendo quest’ultimo direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio …. Conferente era stato anche il richiamo alla normativa di settore (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 31, commi 2 e 5), da cui emerge che i componenti del servizio di prevenzione e protezione, essendo considerati dei semplici “ausiliari” del datore di lavoro, non possono venire chiamati a rispondere direttamente del loro operato –salvo nei limiti di cui si dirà in seguito, ma sempre eventualmente in concorso con il datore di lavoro– proprio perché difettano di un effettivo potere decisionale. Essi sono soltanto dei “consulenti” e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come in qualsiasi altro settore dell’amministrazione dell’azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico), vengono fatti propri dal vertice che li ha scelti sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e che della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario. … la designazione del RSPP, che il datore di lavoro è tenuto a fare, non equivale a delega di funzioni…. E che la designazione del RSPP, in altri termini, non ha nulla a che vedere con l’istituto della delega di funzioni di cui all’art. 16 del Dlgs. 81/2008 e non può quindi assumerne la medesima rilevanza ai fini dell’esonero della responsabilità… Era apparso chiaro già sotto la vigente normativa, tuttavia, come, nel fare ciò, il responsabile del servizio operasse per conto del datore di lavoro, il quale rimaneva colui che giuridicamente si trovava nella posizione di garanzia, poiché l’obbligo di effettuare la valutazione e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, in collaborazione con il responsabile del servizio, rimaneva in capo a lui in base al citato D.Lgs., art. 4, commi 1, 2 e 6. .. Le modifiche normative suddette hanno comportato, in via interpretativa, una revisione della figura del RSPP, nel senso che il soggetto designato responsabile del servizio, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (cfr. Sez. 4, n. 32195 del 15/7/2010, Scagliarini, P.v. 248555).
In altra pronuncia, di qualche mese successiva, si è parimenti affermato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l’adozione di misure prevenzionali doverose (Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010 dep. il 2011, Di Mascio, Rv. 249626).
C’è stata, poi, la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte Suprema che nel 2014 hanno puntualizzato che, in tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. (Sez. U, n. 38343 del 24/4/2014, Espenhahn, Rv. 261107, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).
La riconosciuta possibilità che il RSPP concorra nel reato con il datore di lavoro non ne ha tuttavia mutato la natura di mero consulente di quest’ultimo, la cui designazione non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (così questa Sez. 4, n. 6277/2008 cit; conf. Sez. 4, n. 27420 del 20/5/2008, Verderosa e altro, Rv. 240886 Lo conferma, peraltro, il dato normativo, laddove, al comma 5, il citato art. 31 del D.Igs 81/2008, si preoccupa di chiarire che anche ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia. Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità è da tempo consolidata, oltre che nel ribadire che il RSPP ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti, nel senso di ritenere il datore di lavoro responsabile anche delle eventuali negligenze del RSPP (cfr. Sez. 4, n. 50605 del 5/4/2013, Porcu, Rv. 258125; Sez. F, n. 32357 del 12/8/2010, Mazzei ed altro, Rv. 247996).
Corretta, appare, dunque, la conclusione cui perviene la Corte territoriale che, anche qualora il “consulente”, come prospettato dalla difesa, non avesse informato il Rescio sugli opportuni interventi manutentivi, la penale responsabilità del predetto non verrebbe comunque esclusa….
In definitiva, va riaffermato il principio che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell’obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’art. 2087 cod civ., egli è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro” (vedasi anche questa Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014 dep. il 2015, Ottino, Rv. 263200). E che, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4, n. 4325 del 27/10/2015 dep. il 2016, Zappalà ed altro, Rv. 265942).