Il Rapporto Preliminare di Sicurezza (redatto e presentato ai fini del rilascio del nulla-osta di fattibilità – c.d. “fase N.O.F.” – di cui all’art. 17, comma 2 del D. Lgs. n. 105/2015) è il documento tramite il quale l’operatore economico che intenda realizzare un nuovo stabilimento dimostra di avere previsto misure idonee ed efficaci per prevenire (cioè ridurre la probabilità di accadimento dello scenario di riferimento), controllare (quindi, ridurre al minimo l’evoluzione dei fenomeni pericolosi) e limitare le conseguenze dei possibili incidenti rilevanti (obbligo generale di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 105/2015 – “1. Il gestore è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per la salute umana e per l’ambiente”) e per fare ciò deve (innanzitutto) individuare – compiutamente ed esaustivamente – i fattori che potrebbero causare un incidente rilevante, nonché giustificare adeguatamente (dimostrare, appunto), tramite l’indicazione di idonee evidenze, che le attività previste nello stabilimento siano svolte con un adeguato livello di consapevolezza dei rischi connessi all’attività e di garanzia di sicurezza per l’uomo e l’ambiente (cfr. il citato Allegato “C” – Parte Terza, relativa ai criteri di valutazione)….
Ed invero, tale diniego si basa non già unicamente su mere carenze formali del Rapporto Preliminare di Sicurezza (come, invece, sostenuto dalla Società ricorrente), bensì su numerose e significative carenze sostanziali del suddetto Rapporto, inerenti, essenzialmente, all’omessa adeguata dimostrazione della sicurezza dell’impianto e partitamente segnalate dalla P.A. con riferimento (esaustivo e adeguato) ai singoli punti del più volte menzionato Allegato “C”: si pensi, per tutte …, alla …. omessa presentazione ….. di un’adeguata analisi storica …. dei problemi noti di salute e sicurezza …. , nonché degli incidenti o “quasi incidenti” verificatisi in installazioni similari in ambito internazionale (almeno) negli ultimi dieci anni (punto “C.1.2”).
Tale analisi storica è – con ogni evidenza – alla base della consapevole e attendibile individuazione dei possibili e prevedibili eventi incidentali, delle relative sequenze generatrici (cause interne o esterne di innesco) e degli scenari ragionevolmente prevedibili che ne possono evolvere e, quindi, della scelta della metodologia di analisi da adottare (v. paragrafo “C.4.1” del suddetto Allegato “C”), con inevitabili negative conseguenze (con una sorta di “effetto a cascata”) in ordine alla adeguata determinazione delle idonee ed efficaci precauzioni da assumere per prevenirli e mitigarli.
… Il complesso delle suddette rilevanti, plurime e significative carenze sostanziali, poi, rende il Rapporto Preliminare de quo non suscettibile dell’invocato soccorso istruttorio, non consentendo, in concreto, di far emergere “con chiarezza l’agevole possibilità di procedere al suo perfezionamento” (che solo potrebbe costituire il fondamento della doverosità dell’utilizzo del c.d. “soccorso istruttorio” di cui all’invocato art. 6, comma 1, lettera b della L. 7 agosto 1990, n. 241 – arg. ex Consiglio di Stato, V, 21 novembre 2016, n. 4874).
Peraltro, nel particolare procedimento amministrativo di che trattasi (in cui è in gioco il preminente interesse pubblico alla sicurezza pubblica), il principio di autoresponsabilità deve intendersi in maniera particolarmente rigorosa e cogente (almeno in relazione agli elementi aventi carattere sostanziale): sicchè non è consentito al privato la produzione di istanze e documenti aventi “quanto meno un contenuto minimo”, successivamente integrabile (come, invece, sostenuto dalla Società ricorrente), bensì è onere del richiedente presentare istanze e documentazione il più possibile conformi al modello legale (in una parola, un Rapporto di Sicurezza rigoroso), che permetta ai competenti organi dell’Amministrazione di esprimere, con altrettanto rigore e convinzione, il proprio qualificato parere tecnico.
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