Il Consiglio di Stato nella sentenza n° 5984 del 19 ottobre 2018, spiega quali titoli abilitativi sono necessari nel caso di una ‘ristrutturazione edilizia’.
In termini generali costituiscono “interventi di ristrutturazione edilizia” quegli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possano portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
In tale prospettiva, la ristrutturazione – nelle forme dell’intervento “conservativo” o “ricostruttivo” ‒ si pone in continuità con tutti gli altri interventi edilizi cosiddetti minori (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo), che hanno per finalità il recupero del patrimonio edilizio esistente.
Il Consiglio di Stato richiama quanto disposto dagli articoli 10, comma 1, lettera c), e 22, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia – TUE).
1) L’art. 10, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia – TUE), individua, in modo tassativo, quali sono gli interventi per i quali è necessario il permesso di costruire e tra essi indica soltanto “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni“.
Ai sensi di tale norma, le opere di ristrutturazione edilizia necessitano, dunque, di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino, modifiche del volume, dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso (ristrutturazione edilizia).
In via residuale, la SCIA assiste invece i restanti interventi di ristrutturazione c.d. «leggera» (compresi gli interventi di demolizione e ricostruzione che non rispettino la sagoma dell’edificio preesistente).
In relazione, invece, agli immobili sottoposti a vincolo ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004 sono soggetti a SCIA solo gli interventi che non alterano la sagoma dell’edificio.
2) L’art. 22, comma 1, lettera c), del TUE dispone che sono assoggettati a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), tra l’altro, “c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c.”.
Dunque, l’intervento di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, senza modifica di sagoma, superficie, volume e destinazione d’uso, non richiede necessariamente il permesso di costruire, ma può essere realizzato mediante la presentazione della DIA o super DIA (che con le novità introdotte dal D.Lgs. n. 222/2016 è diventata, a decorrere da giugno 2017, SCIA, alternativa al permesso di costruire) per ragioni di carattere acceleratorio.
articolo estratto dal sito tuttocamere
qui la sentenza CdS 2018 5984