Così i giudici:
Ritiene il Collegio di dare continuità all’orientamento di questa Sezione, n. 5735/15, Rv 261885, Giuffrè, e n. 11031/15, Rv 263433, Montoli, secondo cui con riferimento all’ambito di applicazione dell’art. 659 c.p., qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla L. n. 447 del 1995, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della citata legge quadro; qualora, invece, la condotta di schiamazzo o rumore o di abuso di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche o ancora il suscitare o non impedire lo strepito di animali, disturbi le occupazioni, il riposo delle persone, gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, si integra la fattispecie di cui all’art. 659, comma 1, c.p., che copre, come indicato dalla giurisprudenza, anche l’ipotesi dell’esercizio di un’attività o di un mestiere svolto eccedendo le normali modalità di esercizio e procurando così il disturbo della pubblica quiete; qualora, infine, l’attività o il mestiere producano rumore contro le prescrizioni di legge o dell’autorità, si rientra nell’ipotesi di cui all’art. 659, comma 2, c.p., che riguarda specificamente attività e mestieri intrinsecamente rumorosi, quali quelli, a titolo esemplificativo, del fabbro o del falegname, in cui la sanzione scatta a seguito del superamento delle prescrizioni di legge o dell’autorità.
Il reato contravvenzionale dell’art. 659 c.p. è comunque, sia nella declinazione del primo comma che del secondo, un reato di pericolo per il quale basta, a livello psicologico, la prova della mancata adozione delle dovute cautele per evitare il disturbo.